User Experience Design

La psicologia e il potere delle esperienze finali

Tempo di lettura 4 minuti

Il sé esperienziale è quello che risponde alla domanda "Fa male, adesso?". Il sé mnemonico è quello che risponde alla domanda: "Com'è stato, nel complesso?". I ricordi sono tutto quello che possiamo conservare della nostra esperienza di vita e l'unica prospettiva che possiamo adottare quando pensiamo alla nostra esistenza è quindi quella del sé mnemonico. [1]

La regola del "picco-fine"

Noi ricordiamo le esperienze come "picchi" e "finali":

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La regola del "picco-fine" è stata elaborata da Daniel Kahneman in modo sperimentale: scoprì che le persone giudicavano le esperienze in base al loro "picco" (un momento intenso dell'esperienza) e al loro termine, anziché come una media complessiva dell'insieme dell'esperienza. La durata dell'esperienza non aveva alcun effetto sulla valutazione dell'esperienza complessiva.

Dal punto di vista dello User Interface design, la regola del "picco-fine" (peak end rule) è un'euristica in cui noi giudichiamo le nostre esperienze passate quasi interamente in base a come sono state al loro picco (piacevoli o spiacevoli) e a come si sono concluse. Quando facciamo questo, scartiamo virtualmente tutte le altre informazioni, compresa la piacevolezza o spiacevolezza netta e quanto a lungo è durata l'esperienza.

Ricordiamo solo alcuni dettagli dell'intera esperienza, il picco e la conclusione. Per l'utente, se la maggior parte dell'esperienza era accettabile non ha alcuna influenza sulla sua percezione dell'esperienza complessiva. Un'esperienza accettabile spesso non è né memorabile né originale, ma le persone ricorderanno molto bene come si è conclusa.

Di qui discendono una serie di suggerimenti per la progettazione.

Applicazioni della regola del picco-fine

Cose da fare

Cerca di inserire nella tua esperienza dei picchi positivi. Non necessariamente devono stare negli ultimi pochi stadi di un'esperienza, ma se riesci a collegare un'esperienza positiva nel completamento di un task (come ordinare con successo un prodotto), allora puoi rinforzare dei sentimenti già positivi di soddisfazione e di autostima.

Cose da non fare

Frustrare le persone. Se il tuo servizio "crolla" all'ultimo ostacolo, dopo che i clienti hanno investito tempo ed emozioni (una combinazione di avversione per la perdita, illusione di possesso ed effetto cornice) per ottenere il tuo prodotto, potrebbero trovare difficile fidarsi di te e utilizzare ancora il tuo servizio. Ricorderanno solo come è finita e come si sono sentiti. Assicurati di non lasciare che questo accada.

 

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Nell'esempio qui sopra, un cliente ha completato con successo l'acquisto. Come si vede,

  • c'è un messaggio che rassicura (dicendo che la transazione è andata  a buon fine e che l'acquisto sarà consegnato);
  • c'è espressione di empatia (ha fatto qualcosa di dotato di significato);
  • c'è gratificazione, forse la cosa più importante: gli si fa sapere che ha effettivamente risparmiato del denaro e quanto.

Inoltre, dicendo all'utente di chiudere la app, si utilizza una delicata forma di "auto-svalutazione": in modo scherzoso si riconosce il posto limitato che un negozio di verdura occupa nella vita di un cliente.

Tutti questi aspetti, quando combinati insieme, offrono una positiva e potente applicazione della regola del "picco-fine".

Il bisogno di una chiusura cognitiva

Un'altra nozione che supporta il potere di disegnare esperienze di chiusura è il "Need For Cognitive Closure" (NFCC). Questa è la tendenza degli esseri umani a cercare risposte precise e ad evitare le ambiguità, o quello che lo psicologo sociale Arie Kruglanski (autore della teoria omonima) chiama "Seizing and Freezing".

In società utilizziamo sofisticate e ben oliate tecniche per far "salire a bordo" e per trattare il cliente nei diversi stadi del suo ciclo di vita. Siamo guidati da un'economia che vuole la vendita successiva, facciamo promesse che possono o non possono soddisfare i bisogni emotivi e spirituali. Soddisfacciamo ciò che Maslow avrebbe classificato come bisogno di auto-realizzazione nella sua celebre piramide dei bisogni.

Tutto questo contrasta con le tecniche utilizzate nella fase di "sbarco" o nell'esperienza di conclusione del ciclo di vita del cliente. Queste tecniche sono spesso brutali, primitive, e talvolta inducono senso di colpa. Pensiamo alla bugia implicita nell'accettazione dei termini e condizioni d'uso dei prodotti digitali ("Ho letto e accetto questi Termini e Condizioni"), la minaccia riferita ai prodotti chimici contenuti in prodotti che potremmo aver acquistato, l'ambiguità nella proprietà effettiva di prodotti e servizi finanziari.

Una "Closure Experience" può essere definita così:

la conclusione soddisfacente verso un prodotto o servizio. Dove ogni parte si sente soddisfatta del completamento della transazione, essendo un'equa e giusta conclusione senza conseguenza.

Applicando "Closure Experiences" al tuo processo di design dovresti puntare a crescere l'autoriflessività dell'utente alla fine della sua esperienza, invocando qualsiasi responsabilità personale rilevante sia richiesta e facendo crescere la consapevolezza del momento della trasformazione che sta tra l'uso e il processo di uscita.

  • Nello spazio digitale questo potrebbe significare rendere le persone consapevoli della natura persistente dei loro dati online.
  • Con i prodotti potrebbe significare parlare al consumatore della vita successiva di un prodotto in forma di racconto, anziché con una confusa accozzaglia di termini chimici e di materiali sul retro della confezione del prodotto stesso.
  • Nei servizi finanziari potrebbe significare considerare la possibilità di pagamenti anticipati (come nel caso dei fondi pensione), visto che spesso passano decenni prima che la maggior parte delle pensioni siano erogate.

Conclusioni

Le esperienze di chiusura devono essere disegnate bene. Non devono essere lasciate in un limbo. Come suggerisce l'evidenza che ci viene dalla psicologia sperimentale, il modo in cui sperimentiamo i momenti finali di un'esperienza è importante. Le esperienze di chiusura sono permanenti, iniziamo dunque a disegnarle.

Note

Daniel Kahneman, "Pensieri lenti e veloci", Mondadori, Milano, 2012, p. 421

 

By Federica Trevisanello

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