User Experience Design

Keep It Simple Stupid: il cuore della customer experience

Tempo di lettura 5 minuti

Se tu potessi scegliere tra fare qualcosa nel modo più facile o nel modo più difficile e, qualora scegliessi la strada più semplice, non dovessi fare nulla di moralmente, eticamente, o legalmente sbagliato, cosa preferiresti? La mia ipotesi è che la maggior parte delle persone direbbe di preferire la via più facile. Io senza dubbio lo farei.

Quando si tratta di brand, e dell’esperienza con i brand, nel mondo anglosassone si usa dire: KISS. In altre parole: Keep It Simple Stupid.

La verità è che anche la maggior parte dei clienti vuole – giustamente – le cose facili. Secondo Siegel e Gale, una società di branding specializzata in semplicità, ai clienti piacciono i brand che hanno come valore chiave proprio la semplicità.

Questo è ciò che si legge nella loro home page:

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In particolare, il loro Global Brand Simplicity Index (una ricerca giunta ormai al quinto anno) rivela come i consumatori valutano i brand principali, e quali sono le aziende che avrebbero tutto da guadagnare nel semplificare le cose. La valutazione si basa su un’indagine online sui consumatori di 8 paesi ai quali si chiede di valutare i punti che percepiscono semplici o complessi nelle loro interazioni con oltre 500 brand di 25 diversi settori industriali. [1]

La ricerca ha coinvolto oltre 12.000 intervistati, ai quali è stato chiesto appunto di valutare i brand in base al loro grado di semplicità.

Sono così venute alla luce le 4 ragioni principali che rendono la semplicità importante per un marchio.

    1. La complessità costa. Quando un’esperienza è complessa, è due volte più probabile che le persone finiscano per cercare qualcuno che fornisca loro informazioni, e questo si ripercuote su un incremento di costi per il customer care.

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    1. La semplicità paga. Degli intervistati, il 38% ha dichiarato di essere disposto a pagare di più in cambio di un’esperienza più semplice.

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    1. La semplicità invoglia alla condivisione. La stragrande maggioranza degli intervistati (il 70%) ha detto di essere propensa a consigliare un brand che offre un’esperienza semplice.

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    1. La semplicità ha prestazioni migliori. Guardando i dati a partire dal 2009, il portafoglio che comprende i brand più semplici mostra che questi hanno avuto sul mercato azionario un rendimento maggiore del 170%.

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L’importanza dell’autovalutazione

Il sito di Siegel e Gale offre anche l’opportunità di valutare se il proprio brand è semplice. Una piccola indagine di 7 domande permette di vedere come si colloca il proprio brand quanto a semplicità e di mettere a confronto il risultato con quello degli altri nel mondo.

In una scala da 1 (complesso) a 10 (semplice) queste sono le domande:

  1. Il tuo brand contribuisce a rendere le vite dei clienti più semplici o più complesse?
  2. Quanto le tipiche interazioni dei clienti con il tuo brand sono gradevoli o penose?
  3. Quanto le comunicazioni tipiche (materiali promozionali, siti web, fatture, contratti, informazioni fornite) che i clienti possono ricevere dal tuo brand sono semplici da comprendere?
  4. Quanto le comunicazioni tipiche (materiali promozionali, siti web, fatture, contratti, informazioni fornite) che i clienti possono ricevere dal tuo brand sono trasparenti/oneste?
  5. Quanto le comunicazioni tipiche (materiali promozionali, siti web, fatture, contratti, informazioni fornite) che i clienti possono ricevere dal tuo brand li inducono a pensare “Si preoccupa delle mie necessità/mi fa sentire che sono tenuto in considerazione e apprezzato”?
  6. Quanto le comunicazioni tipiche (materiali promozionali, siti web, fatture, contratti, informazioni fornite) che i clienti possono ricevere dal tuo brand sono innovative/fresche?
  7. Quanto le comunicazioni tipiche (materiali promozionali, siti web, fatture, contratti, informazioni fornite) che i clienti possono ricevere dal tuo brand sono utili per me?

Queste domande possono essere un buon punto di partenza per guardare al proprio brand dalla prospettiva del cliente.

Ma oltre a questo, conviene chiedersi: “Qual è l’esperienza di marca che desidero fornire?”, e “Se lo chiedessi ai miei colleghi saprebbero rispondere?”.

Mi capita di sentir dire da consulenti aziendali che quando loro pongono queste domande a un’azienda cliente non ottengono risposta, oppure ottengono tante risposte diverse quanti sono gli interlocutori cui si rivolgono.

Un brand, una risposta, una CES

Per costruire un marchio che fornisca un’esperienza eccellente è fondamentale conoscere una e una sola risposta. Questa risposta è chiamata Customer Experience Statement (CES), ossia la specifica articolazione dell’esperienza che il brand vuole fornire.

La CES è il punto focale di ogni programma di customer experience e serve affinché tutti i dipendenti a tutti i livelli affrontino le decisioni quotidiane avendo a mente il conseguimento della fedeltà del cliente e il mantenimento del cliente stesso.

La CES guida il processo decisionale necessario per avvicinare l’azienda alla creazione della customer experience ideale.

Se non si definisce in modo chiaro la CES, ciascuno farà ciò che lui ritiene sia la cosa giusta, il che si può tradurre in una sovrapposizione di priorità e in gap nell’esperienza, con la conseguente perdita di opportunità e con un aumento dei costi.

Inoltre, sappiamo che oltre il 50% della customer experience ha a che vedere con come si sente un cliente, quindi la CES deve comprendere le emozioni specifiche che il cliente proverà durante e dopo l’esperienza con il brand.

Chiaramente, trattandosi di un brand e di un’impresa economica, serve anche una strategia che generi valore e che fornisca un ritorno in termini di redditività! Sulla base della ricerca condotta da Siegel e Gale, la semplicità è un fattore che contribuisce molto a quest’ultimo aspetto. Quindi, quando si imposta la strategia, si dovrebbe fare in modo che la parola “semplice” diventi il termine ricorsivo delle conversazioni sulla marca.

I clienti sono sempre più esigenti, è vero, ma è altrettanto vero che se si soddisfano le loro semplici richieste, ti premiano facendoti loro stessi pubblicità con il passa-parola, il gold standard dei brand.

Quindi, oggi per i brand è di primaria importanza aggiungere “semplice” al loro CES. Altrettanto devono fare i team al più alto livello: “semplice” deve diventare un valore anche per loro, dal momento che ha enormi implicazioni (ossia, costi).

Conclusioni

È necessario progettare il proprio brand in modo che fornisca alle persone un’esperienza semplice. Alla fine di ogni esperienza con voi, le persone dovrebbero dire che la loro esperienza è stata facile. Per evocare questa risposta, bisogna adottare un approccio che parta dall’esterno (dallo sguardo e dai comportamenti dei clienti), una progettazione che tenga sempre conto dell’obiettivo, e un’attuazione aperta al cambiamento, premiando chi lo abbraccia.

Appendice

La Volkswagen avrà anche perso punti, dopo lo scandalo dei motori diesel, ma la Germania continua ad essere al top, anche sul versante semplicità. Secondo la ricerca di Siegel e Gale, tre brand tedeschi sono sul podio del global Index: ALDI, Lidl e Miele.

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Nella battaglia per accaparrarsi spettatori, inoltre, già da questa ricerca è chiara l’espansione di Netflix in nuovi mercati globali. Ora che il servizio di streaming arriva anche in Italia (22 ottobre) la competizione si fa ancora più interessante.

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Note

[1] I Paesi considerati: Cina, Germania, India, Arabia Saudita, Svezia, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Stati Uniti d’America. I risultati  possono essere consultati anche per settori e brand.

By Federica Trevisanello

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