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Modelli di attribuzione: mind the gap!

Tempo di lettura 4 minuti

Con “attribuzione” si idende la metodologia che assegna un valore ai differenti touchpoint di cui si compone il customer journey dell’utente. Non ricopre solo un ruolo chiave per l’ottimizzazione delle campagne di Advertising, ma è anche indispensabile per il modellamento, aggiornamento e valutazione del media mix e del media plan.

La questione si sviluppa proprio a questo livello: la tendenza attuale è analizzare l’attribuzione rispetto a un singolo canale, senza leggerla in un quadro più ampio a immagine di un ambiente multi-canale.

Problemi di attribuzione?

Nel corso degli anni i modelli di attribuzione sono diventati sempre più efficaci, tanto da offrire soluzioni performanti al fine di monitorare i principali touchpoint che conducono alla conversione. Nonostante questi progressi, i modelli utilizzati dalla maggior parte delle aziende offrono analisi parziali e relative solo ad alcuni canali. Solo alcune realtà stanno iniziando a inserire l’attribuzione multi-canalecross-device. Il punto è: si è consapevoli di questa situazione?

Il modo più semplice per rispondere al quesito è esaminando i propri dati e valutando se le conversioni derivano da percorsi a multi-step. In altre parole: i clienti sono attivi e presiedono differenti canali? Se così fosse ciò significa che i customer journey degli utenti non sono semplici e lineari ma prevedono approcci multi-channel. In questo caso è più probabile incorrere in problemi di attribuzione. 

Attribuzione: Mind the gap! 

Come anticipato, trovare il modello di attribuzione più adatto a uno specifico business non è semplice. Per iniziare a tracciare la strada migliore, partiamo da due lacune che è importante conoscere.

  1. Attribuzione da online a offline: il primo aspetto su cui porre attenzione è comprendere l’impatto che i canali online hanno nel guidare le transazioni offline. Infatti, la maggior parte delle piattaforme di analisi e i rispettivi modelli di attribuzione forniscono tracciamenti parziali escludendo l’impatto che le azioni digitali hanno sulla sfera fisica, sia in termini di contatti che di visite in negozio. Tra le due lacune questa è quella più semplice da risolvere connettendo le azioni online ai comportamenti degli utenti in ambito fisico. La soluzione più semplice che alcune realtà stanno iniziando ad adottare è quella di inserire dei codici promozionali ad hoc per canale in modo da tenere traccia della conversione. Google, ma più in generale tutti i motori di ricerca, cercano di individuare non solo quello che gli individui cercano sul web, ma si dirigono verso i confini dell’offline, analizzando i comportamenti anche negli ambienti tradizionali. Google affianca infatti al concetto di “Nearby” quello di “In my driveway” spostando l’attenzione da local to me now a local to me later. Proprio per questo ha da poco introdotto anche in Italia lo Store Visit Insights: un’analisi dei dati della Location History che memorizza le posizioni dei dispositivi mobile, e quindi di tutte le persone che li portano con sè, dando la possibilità a Google di tracciare la visita in un negozio, calcolata sulla base della vicinanza fisica al punto vendita. 
  2. Attribuzione cross-device: si stanno tracciando correttamente gli utenti attraverso un’attenta analisi cross-channel e cross-deviceIl 90%* degli utenti online inizia un’attività su un dispositivo per poi portarla a termine su un dispositivo differente. Ecco quindi che quello che fino ad oggi potevamo considerare un sistema di misurazione affidabile e collaudato delle performance e del rendimento delle nostre attività di marketing online diventa improvvisamente obsoleto e impreciso. Poiché gli inserzionisti basano le loro decisioni su come e dove spendere a partire dai dati di conversione, l’esatta attribuzione è fondamentale: per farla è necessario poter seguire il viaggio del cliente su più dispositivi. In passato, e purtroppo per la maggior parte delle campagne ancora adesso, gli inserzionisti calcolavano le conversioni solo se verificate nello stesso browser, sullo stesso dispositivo. Tuttavia, se la conversione avviene su un dispositivo diverso, l’inserzionista non aveva modo di poter collegare i due eventi.Il risultato porta inevitabilmente a grossi errori di calcolo della campagna pubblicitaria e a un ROI completamente sballato. La chiave per affrontare la sfida del cross-device sta nella capacità di associare tutti i dispositivi collegati di un singolo utente (PC, tablet, smartphone, ecc.) con un particolare consumatore. Per farlo è necessario collegare i singoli eventi a un percorso unico con le corrette attribuzioni. L’integrazione di questi dati consente ai sistemi di attribuzione di legare insieme il percorso completo fatto dal consumatore. 

Personalizzazione, il futuro delle campagne 

La creazione di campagne altamente personalizzate è una modalità assolutamente efficace per rafforzare la relazione con i clienti. Esistono infatti molti nuovi strumenti di ricerca che consentono di rendere unica l’esperienza utente. Prima però di pensare ai singoli casi è opportuno focalizzarsi su una strategia olistica che preveda l’integrazione tra le differenti azioni che si andranno a mettere in atto.

Ogni consumatore ha un’impronta digitale unica, ovvero preferenze, abitudini, bisogni e aspettative che danno vita a customer journey differenti e assolutamente personali che è fondamentale intercettare.

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Conclusione 

La sfida sarà quella di creare una brand experience olistica a cui i consumatori possono partecipare con le proprie impronte digitali uniche. È importante quindi analizzare e approfondire a il mercato di riferimento nella sua interezza e le scelte che hanno portato alle conversioni. Solo dopo aver opportunamente definito il proprio funnel di conversione e il metodo di attribuzione che si intende adottare è possibile individuare un’unica fonte di dati su cui concentrare l’analisi e il monitoraggio per una completa comprensione dell’efficacia di una campagna e di ciascun canale del media mix.

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