Conversion Marketing

Nella testa dei Millennial

Tempo di lettura 6 minuti

I millennial (detti anche Generazione Y) sono i giovani nati all’incirca tra la seconda metà degli anni ’80 e i primi anni 2000: quelli che hanno un’età compresa tra i 15 e i 30 anni o poco più.

Una generazione di consumatori tremendamente interessante per i marketer: si stima che per il 2020 avranno complessivamente un potere d’acquisto di oltre 1,4 trilioni di dollari.

Per i brand sono un’enorme opportunità di costruzione di relazioni a lungo termine, visto che questi sono i leader, gli influencer e gli acquirenti del prossimo domani.

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Da queste considerazioni nasce la ricerca dal titolo “NewsCred Millennial Survey 2014” (redatta a sua volta da un gruppetto di millennial).

Il paesaggio

  • Il 32% dei millennial trova utili le comunicazioni da parte dei brand.
  • Il 45% non trova il content marketing così coinvolgente da essere condiviso.

Una triste verità: i millennial consumano notevoli quantità di contenuti, ma perdono interesse nel giro di 10 secondi. Sono ossessionati dall’identità. Amano ridere. Sono “indipendenti” (o quanto meno vogliono far pensare di esserlo). Desiderano ardentemente trovare contenuti da parte dei brand, ma poi di fatto (sfortunatamente) non lo fanno proprio, non se ne sentono toccati nel profondo.

Dove sta dunque il problema?

Secondo l’indagine di NewsCred, i millennial rispondono positivamente al contenuto quando esso è:

  • “ritagliato sulla mia età” (54%)
  • “ritagliato sul luogo in cui mi trovo” (55%)
  • “ritagliato sui miei interessi culturali”(63%)

Quindi se si vogliono coinvolgere i millennial bisogna creare del contenuto appositamente pensato sui loro interessi individuali. Bisogna avere in mente la loro età, la loro localizzazione, i loro interessi culturali in ogni momento. Servono anche strumenti che aiutino a sviluppare una profonda comprensione di chi sono, dove sono, cosa li motiva. In breve: bisogna conoscere la propria audience.

Secondo quanto suggerisce NewsCred, anche se complessivamente la propria target audience è ampia, non si può proporre del contenuto a un gruppo demografico di “donne statunitensi di età compresa tra i 20 e i 35 anni”.

Bisogna restringere: “Donne, di età compresa tra 23 e 25 anni, che vivono al di fuori  della fermata line L di Bedford Ave., a NYC, che amano ascoltare St.Vincent, e fare acquisti a Beacon’s Closet”…

Bisogna anche sapere se alla propria audience interessa di più cosa indossò Beyoncé quando si esibì al Barclays Center, o che i Fleetwood Mac stanno suonando Rose Bowl. Sembra uno scherzo, ma la verità è che i millennial hanno tempo solo per contenuto che è rilevante per loro:

  • il 64% dei millennial risponde positivamente al contenuto che si dimostra utile
  • il 30% si rifiuta di leggere un contenuto che non lo diverte o non gli insegna nulla.

I millennial sono bombardati con oltre 5000 messaggi di marketing al giorno. Hanno appreso come ignorare completamente le cose che non aggiungono valore alle loro vite. Cosa significa questo per i brand? Che si deve essere utili! Creare contenuto che ispiri, insegni, o diverta. Se il vostro contenuto non fa nessuna di queste tre cose, pigiate il tasto “cancella” e cominciate daccapo.

L’indagine di NewsCred ha scoperto che il 31% dei millennial è più propenso ad acquistare se il brand mette a disposizione contenuti interessanti, che insegnino loro qualcosa.

  • Il 60% dei millennial condividerà del contenuto solo se lo ritiene provocante e intelligente. Qual è il suo opposto? Noioso e stupido. Quindi è necessario creare contenuti non solo che ispirino, insegnino, o divertano, ma anche che abbiano un riverbero positivo sulla visione del proprio brand. Dovrebbe riuscire a “strappare” qualche riflessione e qualche condivisione. Dovrebbe avere un’aura intelligente.
  • Il 41% dei millennial afferma che la ragione principale per cui abbandona del contenuto è l’eccessiva lunghezza. Questo non significa che siano terminati i giorni del contenuto long-form: significa che il contenuto non dovrebbe sembrare un vuoto piano di marketing.

Le implicazioni per i brand

Il brand deve dotarsi di una prospettiva e di un punto di vista. Se si è già creato il contenuto, conviene fare un passo indietro e chiedersi se questo contribuirà o meno a un discorso interessante. Se si ritiene che il contenuto sia provocante e intelligente, i millennial lo condivideranno.

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Vi piace ridere? Bene: anche ai millennial piace (un po’ a tutti, per la verità).

Il 70% dei millennial dice che la ragione principale per cui condivide del contenuto è che li fa ridere. Ma il punto non è la risata, bensì l’emozione. I millennial vogliono una ragione per associarsi al vostro contenuto e di conseguenza poi al vostro brand. Se siete in grado di costruire una connessione emotiva con qualcuno, significa che potete costruire fiducia.

Cosa significa questo per il brand?

  • Primo, stabilire quali risposte emotive sono allineate al vostro più ampio obiettivo di brand. L’emozione è la speranza? o è la felicità?
  • Una volta stabilito un set di emozioni, le si può usare come metro di controllo rispetto al contenuto, sia mentre lo si sta creando che quando lo si revisiona.

Dove i millennial cercano contenuti

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I millennial consumano contenuti attraverso diverse piattaforme e le loro piattaforme preferite cambiano al cambiare del vento.

Parte del segreto per mantenere rilevanza sta nel mettere il contenuto sul canale giusto.

Secondo l’indagine di NewsCred, Google e Facebook sono tuttora vincenti quando si tratta di cercare contenuti.

Facebook la fa da padrone anche quando si tratta di condividere contenuti. Tuttavia è importante coniugare questi insight con gli interessi culturali del proprio target millennial.

Cosa implica per i brand? Se si sta cercando di raggiungere dei millennial tra i 18 e i 25 anni, è probabile che stiano cercando su una piattaforma diversa rispetto a quelli di età compresa tra i 30 e i 35 anni.

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Quali sono i brand che secondo NewsCred si stanno comportando nel modo giusto

Netflix

  • Netflix: sta usando benissimo sia il contenuto “targhettizzato” che quello condivisibile, allo scopo di promuovere la sua programmazione.
  • Ad esempio, alla partenza dell’uscita della seconda stagione del suo show “Orange is the New Black“, Netflix ha ospitato un evento Twitter interattivo, ha creato un hashtag Twitter per uno dei suoi personaggi più popolari, ha sviluppato una app mobile piena di suoi contenuti da condividere.

Verizon

  • Verizon: ovvero la capacità di mantenere la rilevanza culturale.
  • Secondo uno studio di Rosetta Marketing, il 37% dei millennial si dice ricettivo al marketing connesso a specifiche cause e più disponibile a fare acquisti da brand in qualche modo associati a un comportamento virtuoso. In altre parole, la generazione Y si interessa a questioni come la sostenibilità, l’eguaglianza LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), la difesa degli animali, l’aiutare i più poveri, per dirne alcune.
  • Ci sono molti bellissimi esempi, ma il programma di TOMS “One for One”, che aiuta una persona in difficoltà per ogni paio di scarpe acquistate, è un buon esempio da emulare, così come la recente pubblicità di Verizon “Inspire her Mind” che ci ricorda la grave diseguaglianza tra donne e uomini nell’accesso ai percorsi universitari matematici e scientifici.

Denny’s

  • Denny’s: la catena di ristoranti per famiglie, allo scopo di raggiungere la fascia d’età 18-34 anni ha creato una serie tv branded con College Humor denominata “Always Open” e con un cast di attori molto conosciuti per altre serie televisive.
  • Il format infatti è molto importante quando si tratta di raggiungere i millennial.
  • Una ricerca di The New York Times (ottobre 2013) aveva rilevato che il 34% dei millennial guarda principalmente video online e non la televisione broadcast. Ma per creare contenuto con autenticità, a volte serve utilizzare la creatività e la credibilità di una fonte di terze parti. Risultati: la serie ha fruttato parecchio, tanto che l’impression score è salito da 6,2 a 25,4 presso la fascia d’età 18-34.

VICE

  • VICE: creare il contenuto del futuro.
  • Per creare contenuti che suscitino nei giovani fiducia, accettazione e gradimento, bisogna conoscere la decade che li ha plasmati e che ha dato forma alle loro coscienze, ha detto Eddie Moretti, Chief Content Officer di VICE.

Nella decade degli anni 2000, vi erano due forze che si opponevano: una crisi dell’informazione e la liberazione dell’informazione.

La più grande vittima della decade, tuttavia, è stata la perdita di fiducia. Ha detto Moretti:

I millennial hanno perso fiducia nei politici e negli esperti

e hanno anche perso fiducia nei media. VICE, attraverso dirette conversazioni con i suoi fan ha scoperto che i millennial provano davvero interesse per il mondo in cui vivono, e che stavano cercando una fonte non tradizionale per tenersi informati.

Qualche grafico per avere uno sguardo generale sull’universo millennial

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I millennial e i brand

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Dove avviene l’engagement

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I millennial preferiscono i brand che:

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