Una domanda che può sembrare banale, ma la cui risposta è tutt’altro che scontata, tanto da aver generato una stimolante discussione sul futuro del Conversion Marketing, dei negozi fisici e delle strutture aziendali.
A porsela – in uno dei venti panel organizzati in occasione della “Ecommerce Shopify week” – sono stati il nostro Founder e CEO Massimo Boraso e tre partner della nostra azienda: Marco Montemagno, che non ha bisogno di presentazioni, Matteo Ulrico Hoepli, Amministratore Delegato della casa editrice omonima, e Fulvia Caliceti, Marketing & Communication Director di Pittarosso.
No, non basta un bel sito per realizzare un eCommerce
Pensare che basti curare le tecnicalità di una piattaforma eCommerce per raggiungere i propri obiettivi di vendita è un errore. A chiarirlo nell’appuntamento online ospitato sui canali social di Marco Montemagno è stato proprio Massimo Boraso. Tante aziende – anche a causa della contingenza legata al Covid19 – stanno accelerando i propri processi di digitalizzazione, ma spesso sbagliano approccio. Prima di pensare a un eCommerce infatti è essenziale definire la propria identità e costruire una strategia ben definita. Cosa significa? Bisogna aver chiaro il proprio scopo, la visione sul medio-lungo termine, mettere nero su bianco la Unique Brand Proposition, strutturare un business plan specifico per l’eCommerce.
Meno tattica, più strategia
Nell’approcciare il Web – che ci si trovi nella condizione di lanciare un nuovo progetto o di rivedere la propria presenza online – non si può curare la tattica senza avere una strategia. Ciò che è importante è costruire un brand. Non si può puntare esclusivamente alla conversione fine a sé stessa. È importante aumentare il customer lifetime value, fidelizzare i clienti. Sono queste le priorità. La conferma arriva anche dall’esperienza di Matteo Ulrico Hoepli, che nel corso dell’evento ha chiarito come al centro vada sempre messa l’utilità del prodotto, il vantaggio che può portare l’acquisto al cliente, che, certo, può essere anche solo emotivo o estetico, ma dev’essere presente. Senza non si otterrà l’attenzione del consumatore. Solo una volta delineato lo scenario si potrà pensare alla costruzione della piattaforma, che dovrà inserirsi in una strategia omnicanale in grado di restituire un’esperienza a 360° per il cliente.
Cosa intendiamo quando si parla di omnicanalità?
Un esempio pratico può aiutarci a comprendere meglio questo concetto sempre più diffuso e utilizzato. Lo ha portato Fulvia Caliceti con l’esperienza di Pittarosso. Per un’azienda omnicanalità significa approcciare le persone nella stessa modalità a prescindere dal dove, il come e il quando avviene il contatto. Si ribalta la prospettiva. Non sono più i clienti a doversi preoccupare di come interagiscono con il brand, ma è il brand a costruire un’esperienza coerente e senza interruzioni, un ecosistema costruito con la sola finalità di dare il miglior servizio possibile, sempre accessibile, in cui la tecnologia è utilizzata come semplificatore dei processi.
Questo significherà la chiusura dei negozi fisici? No, ma assisteremo a una loro trasformazione. È questa l’opinione del nostro fondatore Massimo Boraso. Certo, probabilmente diminuiranno, avranno format molto più esperienziali e diversi, ma come esseri umani abbiamo bisogno di socialità, parlare, vivere esperienze, toccare i prodotti. Questa trasformazione innesca la necessita di un cambio profondo di mindset da parte del retail tradizionale.
Guarda il video completo dell’evento:
A proposito di conversioni…
Il dibattito fra Montemagno, Hoepli, Caliceti e Boraso è stata anche l’occasione per il nostro CEO di chiarire la differenza fra Conversion Marketing e Conversion Rate Optimisation.
Il primo ha come obiettivo convertire le persone in clienti affezionati che ripetono l’acquisto e promuovono il brand. Si lavora a partire da una strategia, dalla brand identity, per poi definire anche aspetti più tattici. È il marketing orientato ai risultati, fondato su uno scopo, sul perché si fanno le cose, sul valore che vogliamo dare a nostri clienti. È l’unica strada per ottenere conversioni di valore e profittevoli. Un esempio per comprendere quanto sia importante la parte strategica? Mettere tutti i libri a un euro sull’eCommerce Hoepli farebbe aumentare sicuramente il conversion rate, ma a che prezzo?
La seconda, la CRO, è un’attività più tecnica – che si fa sul sito, web e mobile, o sulla App – per diminuire gli attriti che ostacolano l’acquisto, come per esempio l’ottimizzazione del carrello o dei form per acquisire contatti, realizzata da un team di specialisti (User eXperience Designer, Data Analyst, CRO Specialist, Analytics Specialist) che lavorano con questo obiettivo.
La domanda quindi sorge spontanea: è obbligatorio fare eCommerce?
L’eCommerce non serve a tutti
Anche in questo caso ad approfondire l’argomento è stato Massimo Boraso che ha stupito tutti con una risposta molto incisiva: non è obbligatorio realizzare un eCommerce. Sono moltissime le persone che ci contattano per avere consulenze, anche piccoli commercianti. Ciò che dal nostro osservatorio risulta evidente è che costruire la propria presenza online è un lavoro duro, per cui servono corposi investimenti e un mindset predisposto al cambiamento. Non sempre stanziare budget importanti per questo tipo di progetti, soprattutto quando si parla di negozi fisici e non di catene di retail, è la strada migliore. Proprio nell’ottica di fornire esperienze sempre più intense ai propri clienti potrebbe fruttare di più spendere gli stessi soldi per ristrutturare il negozio. Il rischio è che s’intraprenda una strada in cui ci si perde e si commettono grossi errori.
Le storture delle strategie di marketing
Marco Montemagno ha sapientemente condotto il dibattito che si è sviluppato tenendo sempre al centro della discussione la necessità di avere i clienti come punto di riferimento, anche in momenti complessi come quelli che abbiamo vissuto durante il lockdown nel 2020. Hoepli, per esempio, ha sperimentato le presentazioni dei libri online che si sono rivelate molto più efficaci in termini di risposta del pubblico rispetto a quelle effettuate in libreria. Pittarosso – con il contributo di Boraso – ha approfittato dello stesso periodo per progettare e costruire la nuova piattaforma eCommerce, lanciata a ottobre con ottimi risultati. Tante aziende invece stanno lavorando tanto, troppo, sulla scontistica come unica arma per convertire. Secondo Massimo Boraso c’è un utilizzo massivo delle offerte. Questa purtroppo è la dimostrazione che si è smesso di fare marketing, perché quando è fatto sapientemente deve generare profitto. Gli sconti certamente fanno contenti i clienti sul momento, ma sul lungo periodo siamo sicuri siano la scelta giusta per garantire far sì che le persone si fidelizzino, diventino ambassador dell’azienda e i progetti imprenditoriali durino nel tempo?
Il cambio del mindset aziendale
Il lavoro prodromico al lancio di un eCommerce, lo abbiamo visto, è un momento in cui ci si deve innanzitutto “guardare dentro”, essere certi di ciò che l’azienda è e vuole rappresentare nell’immaginario dei suoi clienti. Questo processo genera spesso, soprattutto in realtà ben strutturate, alcune difficoltà. Nell’esperienza di Boraso l’implementazione di un eCommerce è l’occasione per fare digital trasformation a livello aziendale anche per brand che prevedono pochi volumi di traffico. Il rapporto diretto con i clienti per le realtà B2B, così come i dati da analizzare per una PMI, sono elementi che mettono in discussione le aziende, i processi consolidati, i modelli di business. Gli eCommerce atterrano in monoliti in cui all’inizio è difficile anche solo scegliere le foto per il catalogo dei prodotti e nei quali è fondamentale cambiare mentalità, formare i dipendenti, acquisire nuove professionalità per gestire logistica, customer care, social network, lead. Solo aziende pronte a cambiare riescono a vincere la sfida e a ottenere risultati soddisfacenti.