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Retail e Covid-19: quali tendenze stanno emergendo?

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L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ha creato enormi sfide per i retailer di tutto il mondo. Gli ultimi mesi hanno portato incertezza, complessità, cambiamenti senza precedenti e nuove abitudini di consumo. Molti retailer stanno lottando duramente per sopravvivere; altri, invece, potrebbero aver colto nuove opportunità.

Il Coronavirus ha accelerato quattro trend che stavano già cambiando il settore del commercio moderno. Scopriamoli insieme.

1. Evoluzione del business model

Nell’ambito del retail fisico, la situazione di emergenza ha messo in pausa quasi tutte le attività, in primis quelle non considerate “essenziali”. Per questo, molte realtà hanno compreso l’importanza di aprirsi al digitale e di avviare nuovi canali di vendita come l’eCommerce. Inoltre, le sfide legate al Covid-19 hanno costretto i retailer a rivedere la complessità della propria catena di valore.

Oggi le aziende devono essere brave a vendere i propri prodotti anche attraverso modalità e strumenti aggiuntivi come il già citato eCommerce, la consegna a domicilio, l’analisi dei dati, l’Intelligenza Artificiale e il Machine Learning. È chiaro come le capacità richieste per avere successo nel retail sono in continua espansione.

A fronte dell’urgenza verso capacità sempre maggiori, molti retailer si stanno rivolgendo a società e piattaforme esterne con l’obiettivo di fornire servizi ulteriori a valore aggiunto e incrementare il footfall. Questo momento difficile ha chiaramente dimostrato che le piattaforme online stanno rapidamente diventando i centri commerciali del futuro. Secondo una ricerca del Consorzio Netcomm, infatti, il 77% delle aziende che vende online ha acquisito nuovi clienti proprio nei mesi appena passati: questo dimostra che diverse persone si sono avvicinate, anche per la prima volta, alle piattaforme online per i propri acquisti.

In questo scenario, la maggior parte dei retailer si trova di fronte a due opzioni:

  1. Creare la propria piattaforma online. Sviluppare un intero ecosistema in grado di competere con i leader di mercato è possibile solo per coloro che hanno le forze necessarie in termini di capacità, risorse e brand. Tuttavia esistono soluzioni scalabili anche per realtà minori che consentono comunque di avere un maggiore controllo dei dati e di conseguenza una conoscenza più approfondita del mercato e dei consumatori.
  2. Creare partnership con piattaforme terze. In questo secondo caso, ai dirigenti è richiesto di riflettere attentamente su quali parti della catena del valore è necessario mantenere l’ownership e su quali invece conviene esternalizzare per offrire al consumatore finale un servizio e un’esperienza migliore.

2. Nuova linfa vitale agli scopi aziendali

Secondo uno studio di Edelman, pubblicato a fine 2018, quasi i due terzi dei consumatori di tutto il mondo hanno dichiarato che avrebbero deciso di acquistare o boicottare un brand basandosi sulla sua posizione in merito a determinate questioni sociali o politiche. Si tratta di un aumento del 13% rispetto l’anno precedente.
Questo fenomeno, consolidato ancora di più in questo ultimo periodo, interessa fasce estese di popolazione sia in termini di età che di livelli di reddito:

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L’indagine di Edelman, condotta su otto mercati con un panel di 8000 persone, rileva inoltre che le persone credono che i brand siano una forza più potente, rispetto al governo, per il cambiamento della società. Oltre il 53% degli intervistati, ritiene che i brand possono fare molto di più per risolvere le questioni sociali e che più facile per le persone far sì che i brand affrontino i problemi sociali piuttosto che far agire il governo.

“Questa è la nascita della Brand Democracy. Poiché i consumatori eleggono i marchi come loro agenti di cambiamento, – ha affermato Richard Edelman, presidente e CEO di Edelman – le marche vengono ora spinte ad andare oltre i loro classici interessi commerciali per diventare sostenitori. È una nuova relazione tra azienda e consumatore, in cui l’acquisto si basa sulla volontà del brand di vivere i suoi valori, agire con uno scopo e, se necessario, fare il salto nell’attivismo.”

I risultati aziendali rendono ancora più evidente l’importanza di uno scopo chiaro e condiviso. I brand che dimostrano di avere un impatto positivo sulla vita delle persone sono cresciuti 2,5 volte di più (in un periodo di 12 anni) rispetto alle realtà con un basso impatto percepito. Inoltre, secondo il report Meaningful Brands del 2019, si riscontra che i marchi “significativi” generano anche rendimenti più elevati sui loro indicatori KPI: quasi tre volte l’intento di acquisto nei non clienti e più del doppio dell’intento di acquisto ripetuto nei clienti esistenti.

Ciò che il Covid-19 sta dimostrando, è che le persone vogliono che le aziende sostengano qualcosa di più grande dei soli prodotti che vendono. Si aspettano che riflettano nel concreto i loro valori e si preoccupino dei problemi sociali.

In questo contesto, l’emergenza sanitaria, ha dato alle aziende ampie opportunità di dimostrare il loro scopo. Sono molti i brand (per citarne alcuni Dior, Giorgio Armani e Davines) che proprio durante la fase acuta dell’emergenza hanno temporaneamente riorganizzato le loro strutture di produzione per realizzare dispositivi di protezione come mascherine, tute mediche e gel disinfettanti per le mani.

3. Nuovi approcci ai costi

Oggi più che mai i costi sono sotto i riflettori: il ricordo di questo periodo rimarrà nella memoria dei retailer per molto tempo e il desiderio di eliminare i costi quanto più possibile sarà sempre più forte.

Anche a seguito delle strategie per il contenimento dei costi, avviate nell’immediata risposta al Covid-19, la maggior parte dei retailer deve riconoscere che sarà necessario fare molto di più se vogliono riportare la propria attività a una crescita redditizia nei prossimi anni. Ci si aspetta dunque una serie di investimenti focalizzati sull’incremento del valore delle attività esistenti nel corso del prossimo anno.

Alcuni obiettivi di investimento saranno relativi all’adozione di nuove tecnologie per migliorare la gestione della catena di approvvigionamento, la gestione delle scorte e delle spedizioni. Queste sono aree che potrebbero produrre un valore significativo se si dovessero adottare le giuste tecnologie e i corretti modelli operativi.

I retailer dovranno imparare a sfruttare per davvero l’analisi dei dati con l’obiettivo di identificare i loro negozi più redditizi e basare le decisioni più importanti sugli insight ricavati. È probabile che i collaboratori in negozio verranno visti sotto una luce completamente nuova. Invece che limitarsi a rifornire gli scaffali e a supervisionare i registratori di cassa, il personale di negozio verrà coinvolto come vero e proprio ambasciatore della Customer eXperience. Anche le mansioni in sede centrale potrebbero cambiare in quanto si cercherà di sfruttare al massimo i vantaggi dello Smart Working.

4. Analisi del cliente e delle sue scelte d’acquisto

Nel contesto odierno, le persone si preoccupano meno dell’estensione di assortimento e di più della disponibilità dei prodotti. Questo particolare potrebbe cambiare il modo di operare di molti retailer.

In effetti, quando i paesi di tutto il mondo sono entrati in lock-down e gli scaffali di negozi e supermercati si sono svuotati, molti rivenditori di generi alimentari hanno iniziato a esplorare nuovi modi per restringere l’attenzione delle persone a una gamma ridotta di articoli ad alta domanda con il risultato che solo pochi consumatori si sono lamentati. Grazie a questo approccio, l’efficienza della catena di approvvigionamento e il capitale circolante stanno aumentando in modo significativo.

Ancora una volta, il Covid-19 ha accelerato una tendenza già in atto nel settore. Nel futuro, le aspettative dei clienti cambieranno ancora. In risposta a questa evoluzione, secondo KPMG, probabilmente sopravviveranno solo due tipi di retailer: quelli che si concentreranno su una selezione limitata e curata di prodotti, e quelli che invece offriranno una selezione illimitata.

Nei prossimi anni ci si aspetta inoltre che i retailer concentreranno maggiormente i loro investimenti in tre aree chiave: programmi fedeltà per i clienti, dati e tecnologie in grado di rendere l’esperienza d’acquisto più semplice, sicura ed efficiente.

Per contrastare la mancata fiducia delle persone nei confronti del brand, i retailer dovranno migliorare i loro programmi di loyalty, allontanandosi dai tradizionali sistemi basati su punti. Una possibile soluzione è creare programmi di ricompensa che siano davvero integrati e unificati e che permettano di raggruppare più offerte di prodotti e servizi.

I programmi di loyalty e reward integrati, così come la partecipazione a diverse piattaforme, saranno inoltre sempre più un valido sostegno per la raccolta e l’analisi dei dati dei clienti. Ci si aspetta che i retailer inizino a collaborare tra loro, all’interno di uno stesso ecosistema, non solo per fornire valore aggiunto, ma anche per acquisire fonti più estese e ricche di dati dei consumatori.

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